Questo articolo è stato pubblicato all’interno della rivista Si può fare (Anno III – Numero VII)
La Fondazione Wanda Di Ferdinando ha sede a Pesaro, proprio lì dove si è svolta perlopiù la vita di Renato e Wanda, coppia affiatata, viaggiatrice e caparbia a cui si deve la creazione dell’ente. Ma nel tempo da Pesaro si è aperta al mondo e un po’ di mondo lo ha portato in città, in una sorta di movimento circolare che – visto da lontano – parrebbe descrivere una linea dal balcone affacciato su Piazzale degli Innocenti a ben oltre il confine dell’Adriatico.
Kenya, Burundi, Cambogia, Siria, Etiopia: sono solo alcuni dei Paesi nei quali abbiamo sostenuto progetti legati al diritto all’istruzione o alla salute di bambine e bambini. Ma l’impegno della Fondazione per l’Afghanistan come nasce? Un giorno le musiciste Roberta Pandolfi e Francesca Perrotta ci dissero: ‘Vorremmo fare un gemellaggio nelle Marche con l’Orchestra Zohra, unica orchestra femminile afghana. Sono le prime donne – giovanissime – che suonano dalla caduta del regime talebano. Ci date una mano?’. Roberta e Francesca avevano creato a loro volta Orchestra Olimpia, un ensemble tutto al femminile. Adesso, curiose e intraprendenti, si stavano guardando intorno, e lo facevano in una maniera così ambiziosa da essere trascinanti. Era la fine del 2019.
Facciamo un passo indietro. Che cosa sono le Fondazioni? Cosa fanno? Variegate e diversissime tra loro, le Fondazioni sono enti che catalizzano risorse non solo economiche e in maniera continuativa le redistribuiscono a favore della comunità. Un lavoro che è fatto di capitale tangibile e monetario ma anche di competenze, relazioni, sogni e valori. E di ascolto, profondo e accogliente nel migliore dei casi. Ecco, di fronte alle parole di Roberta e Francesca in un certo senso capimmo che quel proposito metteva insieme argomenti imprescindibili per la missione della Fondazione Wanda Di Ferdinando. Educazione, cultura, parità di genere. Così tutto ebbe inizio. Sì, la Fondazione doveva essere a fianco dell’Orchestra Olimpia.
Negli anni, tra progetti e iniziative, abbiamo sperimentato concretamente la forza della possibilità. Rendere possibile, agire la possibilità, traslare la speranza dalla dimensione concettuale a quella fattuale. Studiare può dare una direzione alla propria vita. Scoprire ciò che si ama, ciò che ci muove e commuove, può aiutare a trovare il proprio posto nel mondo. Quanto questo – a maggior ragione – poteva essere dirompente in un contesto difficile come quello afghano? Da Kabul – di cui sapevamo ben poco – aspettavamo, quindi, queste coraggiose musiciste che il loro futuro se lo stavano disegnando a furia di sacrifici e passione, lo stavano rendendo – per l’appunto – possibile. Telefonate, riunioni, un susseguirsi di cose da fare. Poi arrivò la pandemia come una sorta di nuvola scurissima a congelare ogni cosa.
Se dovessimo paragonare il momento appena descritto alla fase di un racconto d’avventura, troveremmo il nostro eroe o la nostra eroina nello stallo in cui tutto sembra perduto. Ma ovviamente – come nelle migliori trame che non conoscono rassegnazione – seguì una svolta inaspettata. Invece di lasciar perdere, Orchestra Olimpia continuò a dialogare con Kabul, a osservare più da vicino le storie delle musiciste e delle tantissime persone impegnate per i diritti civili, in particolare, di donne, minori. E le condizioni della pandemia in un Paese già stremato da anni di guerre, corruzione e povertà. Piano piano gli scambi divennero regolari, e a inizio del 2021 decidemmo – con ancora più slancio – di rimetterci in gioco organizzando degli incontri da remoto con quella parte di mondo alla quale ci stavamo affezionando.
E conoscemmo la storia dell’Afghanistan National Institute of Music e del musicologo e attivista per i diritti umani Ahmad Sarmast; di Pashtana Rasol, direttrice di AFCECO Children, orfanotrofio laico dove le ragazze e i ragazzi svolgevano anche attività musicali ed artistiche; della portavoce del partito di Hambastagi, Selay Ghaffar, in prima linea nella difesa di donne, bambini e vittime di guerra. Nacque un’amicizia con Cisda – Coordinamento italiano a sostegno delle donne afghane e Insieme si può, enti italiani impegnati da tantissimo tempo a sostenere le Rawa – Associazione rivoluzionaria delle donne dell’Afghanistan.
A maggio, in un bellissimo lavoro sinergico capeggiato da Orchestra Olimpia, venne realizzata la conferenza Musical rights and rise of fundamentalism in the covid era; a luglio allestimmo, presso la Biblioteca San Giovanni di Pesaro, la mostra fotografica dell’attivista Carla Dazzi; dal Museo Nazionale Rossini organizzammo un concerto nel quale l’Orchestra Olimpia, in diretta con Kabul, duettò con le musiciste di AFCECO Children. Furono giorni gioiosi, di una fatica felice. La città tutta aveva accolto le attiviste del Cisda che da varie parti di Italia erano arrivate a Pesaro; una collaborazione preziosa con gli enti locali che, insieme a noi, si erano dati da fare per riservare la migliore delle ospitalità. Non potevamo immaginare che da lì a poco la situazione politica dell’Afghanistan sarebbe stata improvvisamente rovesciata dal ritorno dei talebani. Una seconda nuvola, ancora più nera della pandemia, arrivava cogliendoci di sorpresa.
Cosa si può fare, cosa si può dire di fronte a una situazione del genere? Era forte l’esigenza che a loro giungesse il nostro pensiero. ‘Se ti incontri una volta, ti incontri per sempre’ avevamo letto in un libro che il Cisda ci aveva donato. E noi, seppur piccolissimi, volevamo aggrapparci alla speranza di poter far qualcosa. A novembre organizzammo al Cinema Solaris di Pesaro la proiezione del documentario I am the Revolution, un evento a cui ben 14 realtà – tra cooperative, associazioni, enti pubblici della provincia pesarese – avevano deciso di dare sostegno. Grazie alla Ong Insieme si può, l’attivista afghana Selay Ghaffar, una delle protagoniste del film, aveva inviato un messaggio proprio per tutte e tutti partecipanti. Una testimonianza delle drammatiche condizioni del Paese, ma anche un invito all’impegno colmo di speranza.
Ora siamo all’inizio del 2022, arrivano foto di bambini coperti di stracci nel durissimo freddo afghano, notizie di persone affamate e che non hanno nulla, storie inaccettabili. Tutto questo è molto più grande di noi. Ma nonostante ciò, rimane vivo in noi e nelle realtà man mano coinvolte il proposito di far risuonare ancora e ancora le parole di Selay Ghaffar: ‘Dobbiamo essere l’uno la voce dell’altro perché insieme si può rendere questo mondo un luogo migliore in cui vivere. Per tutti’.
Perché insieme è una cosa potente. Perché insieme è la premessa per un cambiamento anche quando sembra impossibile.